Il comprensorio di Baraggia compie 90 anni

    A quasi un secolo dalla classificazione tra le 7 aree più depresse d’Italia, avvenuta il 30 dicembre 1929, la Baraggia festeggia quasi un secolo di sviluppo. Oggi è un territorio unico per bellezza naturale e potenzialità agricole e turistiche: è proprio qui che, con orgoglio, si coltiva l’unico riso DOP italiano, il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese.

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    La Baraggia incolta nella prima metà del Novecento (foto "La Baraggia Vercellese" di C. Celidonio)

    Paesaggi autentici di antiche origini alluvionali, in un territorio ammirato dai cultori dell’arte e dagli amanti della natura, la Baraggia racchiude in sé anche un tesoro del settore agroalimentare, l’unica DOP italiana del riso e la prima in Europa. Eppure il suo nome evoca le infinite difficoltà che i suoi abitanti affrontarono nel corso dei secoli per rendere produttiva questa terra arida e asfittica: sembra essere riconducibile ad antiche origini celtiche il termine “baraza” o “baraggia”, che indica terreni incolti e sterili, argillosi e poco fertili, posti su diversi livelli. Il territorio della Baraggia piemontese, formatosi durante il periodo quaternario per erosione dei torrenti, ricorda quello del Grand Canyon statunitense, tanto che ancora oggi si possono osservare scanalature del suolo nella Riserva Naturale delle Baragge, dove vaste praterie si alternano a brughiere con sporadici alberi, una vegetazione brulla che le ha conferito il nome di “savana d’Italia”.

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    Un campo di granoturco nella Baraggia di Carisio (foto "La Baraggia Vercellese" di C. Celidonio)

    Le prime opere di bonifica iniziarono probabilmente già in epoca romana, quando i coloni intuirono le potenzialità agricole di quel territorio ricco di humus, creato dalla decomposizione delle piante, e qui iniziarono a coltivare i primi campi di cereali. Con il venir meno della presenza romana le coltivazioni subirono una battuta d’arresto fino all’epoca delle grandi migrazioni delle popolazioni barbariche, ma la vera spinta giunse nel Medioevo, con l’insediamento delle prime fondazioni monastiche, che gettarono le basi dell’agricoltura in Piemonte. Nel secolo XII i monaci cistercensi iniziarono a bonificare il territorio circostante l’Abbazia di Santa Maria di Lucedio e da qui costituirono un sistema di aziende agricole distribuito in modo capillare, le cosiddette Grange, dal francese “granaio”, che permise loro di estendere la propria opera di bonifica ai territori circostanti, compresa la Baraggia. Furono invece i signori e le istituzioni civili della zona a eseguire le prime significative opere irrigue, come la roggia comunale di Gattinara, citata in documenti del 1223 e del 1241, e la roggia Marchionale di Gattinara. Dal Rinascimento fino al 1700 le opere per la realizzazione di strutture idrauliche proseguirono senza importanti evoluzioni e fu introdotto il principio di rotazione colturale, per sfruttare meglio le poche risorse idriche disponibili e inserire la risicoltura in un sistema integrato con l’allevamento stabile. Quando nel 1866 entrò in funzione il Canale Cavour, immensa opera di ingegneria idraulica voluta dall’omonimo Camillo Benso Conte di Cavour, diventò ancora più evidente il divario tra la situazione irrigua della Baraggia rispetto alle altre parti del Vercellese. Bisognerà aspettare il nuovo secolo prima di iniziare a valutare a livello governativo la situazione di arretratezza economico-sociale in cui si trova la Baraggia: nel 1922 il Ministero dell’Economia Nazionale nominò una commissione per lo studio della bonifica agraria della Baraggia, la quale produsse uno studio redatto da Novello Novelli, già fondatore a inizio secolo della Stazione Sperimentale di Risicoltura di Vercelli. L’analisi del contesto mise in evidenza la necessità di provvedere allo sviluppo dell’agricolo e irriguo, ma anche alla sistemazione delle infrastrutture stradali e dei fabbricati agricoli.

    1928 A destra nella foto il Prefetto Angelo dEufemia che spronò la classificazione del comprensorio di Baraggia

    1928 A destra nella foto il Prefetto Angelo dEufemia che spronò la classificazione del comprensorio di Baraggia.

    Il 30 dicembre 1929, grazie alla spinta del prefetto Angelo D'Eufemia e su proposta del Ministro Segretario di Stato per l’Agricoltura e le Foreste Giacomo Acerbo, con il decreto ministeriale n. 2357, la Baraggia Biellese e Vercellese fu finalmente classificata tra i comprensori soggetti a trasformazione fondiaria, tappa fondamentale per la stesura del piano generale di bonifica. Scritto a mano, vi apposero la firma il Re Vittorio Emanuele III e l'allora Capo del Governo Benito Mussolini, un pezzo di storia che ha posto la prima pietra miliare per la trasformazione economica e sociale della Baraggia esattamente 90 anni fa.

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    Nel 1931, con decreto 1458 del 2 maggio, a firma di Arrigo Serpieri, Sottosegretario di Stato per la Bonifica Integrale, approvò al delimitazione del comprensorio di Baraggia.

    Nel 1933 lo stesso Serpieri firmava la legge sulla bonifica integrale, predisponendo la base normativa per la nascita nel comprensorio della Baraggia di un Consorzio di Bonifica.

    Il 9 dicembre 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi firmò il decreto n. 3862 di costituzione del Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese, che diede il via alle opere di riqualificazione e di trasformazione socio-economica del territorio per tutto il '900 d oltre.

     

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